Vincenzo Gemito nacque a Napoli nel 1852 da ignoti che lo lasciarono presso la Pia Casa dell'Annunziata: da madre gli fece Giuseppina Baratta.
All'eta' di nove anni, si presento' allo scultore Emmanuele Caggiano che lo prese a lavorare e vivere con sè. Qui Gemito comincio' a disegnare, copiando i modelli in gesso dell'anziano scultore. Rimase poco alle dipendenze del Caggiano, una caduta accidentale da una scala, su cui si esibiva imitando i contorcimenti di un acrobata ammirato al circo, gli provoco' un grave trauma. Dopo la guarigione rientro' nello studio del Caggiano, ma poco dopo spari'.
Accolto successivamente, nel 1864, a dodici anni, presso lo studio di Stanislao Lista, rimase anche li' ben poco, eleggendo, infine il suo primo studio in uno stanzone abbandonato di S.Andrea delle Dame, diviso con l'amico Antonio Mancini.
Durante l'apprendistato presso il Lista, partecipo' ad un concorso per la statua di Bruto, indetto dalla Società Promotrice di Belle Arti. Il suo bozzetto, che ottenne il consenso di D. Morelli, non venne premiato, ma gli fu chiesto di tradurlo in marmo, materiale per il quale Gemito nutriva avversione in quanto non gli permetteva rapidità d'esecuzione.
Nel 1868, a sedici anni, modellò il ritratto di Mancini ed il Gladiatore, esposto poi alla Promotrice di Napoli ed acquistato dal Re (Museo di Capodimonte).
Dal 1873 al 1880 sono gli anni piu' gloriosi. Impiantò una Fonderia, incontrò Mariano Fortuny, si unì all'affascinante Matilde Duffaud, amica di un antiquario francese, suo vicino di casa. Di questi anni sono i ritratti di Fortuny, di Morelli, di F.P. Michetti. Del 1876 e' il "Pescatorello" che ottenne un grandioso successo al Salon del 1877.
Il modellato di Gemito, nel panorama della scultura dell'Ottocento, si contrappone nettamente, nella sua naturalezza istintiva, a qualunque dogmatismo accademico ed anche il rapporto con la scultura ellenestica e' totalmente rivissuto in piena autonomia espressiva: significativi sono i due Medaglioni raffiguranti "Alessandro Magno" (1920). Quelli dal 1877 al 1880 sono anni di grande trasformazione segnati dal suo soggiorno parigino, che diede slancio alla sua attivita' di ritrattista consolidando la sua indiscutibile notorieta'.
Nel 1881, anche in seguito alla morte di Duffaud, ritornò a Napoli trovando conforto in Anna Cutolo, la sua migliore modella, e nel lavoro. Di questo periodo napoletano sono la "Carmela", la "Zingara Maria", il "Narciso", il famosissimo "Acquaiolo" ed il "Filosofo", con il quale vinse il primo premio all' Esposizione Internazionale di Parigi.
Nella seconda meta' degli anni '80 due fatti in particolare incrinano l'equilibrio mentale di Gemito, che, come e' noto, ha di fronte a sè gli anni di profonda crisi: la morte di Anna Cutolo, divenuta sua moglie, e lo scontro interiore nato con l'ordinazione della statua di Carlo V, per una nicchia della facciata del Palazzo Reale di Napoli. L'impegno per questo lavoro aggravò la crisi che si era aperta nella vita di Gemito: era un tema del tutto estraneo alla sua visione della vita popolata di figure semplici, soggetti quotidiani, giovinetti, pescatorelli.
Gemito realizzo' questo soggetto storico, grazie anche all'aiuto dell'amico Meissonier, in gesso, poi tradotto in marmo da un artigiano: il destino volle che il mediocre scultore cui fu affidata l'esecuzione fosse il fratello del Questore di Napoli, sicche' un gesto violento di Gemito contro la statua finita, che non gli parve degna, gli costo' il ricovero in una casa di salute. Dalla casa di cura fuggì rifugiandosi nella sua dimora in via Tasso a Napoli, affondando in un lavoro da cesellatore per un "Trionfo da tavola" in argento per il Re Umberto I, rimasto poi incompiuto.
Dalla volontaria segregazione, non uscì se non saltuariamente, per ben venti anni, alternando momenti di lavoro a periodi di solitaria follia (di questo arco di tempo si hanno soprattutto splendidi disegni).
Nel 1906 si rimise al lavoro realizzando opere di oreficeria cercando di ottenere uno studio a Roma in Castel Sant'Angelo.
Del 1926 e' l'ultima scultura: il ritratto dell'attore Raffaele Viviani.
All'età di settasette anni Gemito morì a Napoli il primo Marzo 1929.
La maggior parte delle sue opere si trova oggi in alcuni musei italiani e in collezioni private.
Una buona parte delle opere di Gemito, viene ancora oggi riprodotta dalla Fonderia Artistica Gemito, diretta da Francesco Guerritore (di cui Gemito era il bisnonno), ed Andrea Guerritore pronipote diretto del Maestro.